Storia di Re Artù e dei suoi Cavalieri – Parte Sette

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Il Glatisant e le Bestie del Peccato.

Il male, il “sinistro”, un desiderio o un fatto pericoloso e proibito è ciò che noi definiamo “peccato”. Il peccato è un concetto che fondamentalmente e inconsciamente viene legato spesso alla religione Cristiana, per colpa di questi peccati ,talvolta degli sbagli realmente innocui o delle scelte di vita che la società dell’epoca non tollerava, molte persone hanno subito torture e soprusi di ogni genere, addirittura in molte hanno perso la vita per colpa di giudizi esasperanti da parte del clero o di inquisizioni “dittatoriali”, anche storicamente quindi potremmo dire che il peccato è davvero legato a qualcosa di oscuro come la morte; un sinonimo che pesa e sopratutto che non si può scrollare di dosso. Eppure peccare è parte fondamentale dell’uomo, senza sbagliare non si può imparare (ahimè anche quando lo sbaglio è troppo grosso)e ciò accomuna tutti gli uomini e tutte le società, persino la florida e “utopica” società di Camelot e i suoi paladini non ne erano esenti.

In questo lungo viaggio tra le pagine avventurose del libro del peccatore per eccellenza, Sir Thomas Malory, abbiamo conosciuto in parte i peccati e i vizi degli eroi della Tavola Rotonda e, sono davvero molti, dall’adulterio all’ambizione sfrenata e dall’omicidio all’invidia non sembra mancare nulla, eppure in tutte le storie del ciclo quello che sembra pesare di più è proprio l’enorme peccato di cui Artù si era macchiato nella sua gioventù, l’incesto. La notte passionale di Artù e sua sorella Margouse (incoscienti ciascuno di chi realmente fosse l’altro), non è considerato un peccato solamente religioso, ma un azione fortemente immorale, poco tollerata anche in altre culture religiose, se vi è una cosa difatti una cosa in cui il Cristianesimo e il Paganesimo risultano alquanto simili è dare una forma al male, rappresentarlo simbolicamente con esseri e creature che nella storpiatura della loro immagine possano subito rimandare all’orrendo, al demonio o al proibito. Nel ciclo arturiano la “storpiatura” più celebre del peccato ma in particolare del peccato imperdonabile commesso da Artù è il Glatisant, una bestia con le fattezze di vari animali: la testa e il collo di un serpente, il manto di un giaguaro, le cosce da leone e gli zoccoli di un cervo; qualcosa di realmente abominevole o disgustoso e come se non bastasse anche il rumore emesso dal mostro è inquietante, dal suo stomaco infatti sembrano continuamente provenire dei latrati di cani affamati senza mai placarsi; per questo il Glatisant venne e viene riconosciuto come “la Bestia Latrante”.

Il primo incontro del lettore con la Bestia Latrante avviene proprio dopo il misfatto compiuto da Artù. Dopo aver appreso il grave errore compiuto qualche sera prima, il giovane errò per i fitti boschi della sua terra, poi stanco si adagiò sotto un albero e vicino a un corso d’acqua, rilassato dal silenzio della natura prese a dormire, ma ahimè incomincio a fare degli strani incubi sulla caduta del suo regno, una forma quasi di veggenza verso il frutto dell’incesto compiuto, suo figlio Mordred, che un giorno avrebbe rovinato il sogno di un regno unito e forte. Immerso in questo sogno violento di sangue e di guerra, Artù comincia a sentire un forte latrato accanto a sè che poteva appartenere ad almeno una quarantina di cani affamati, un rumore che si avvicina sempre di più e quando sudato e spaventato aprì gli occhi, davanti a se di sfuggita riuscì a vedere la bestia deforme che si abbeverava nel fiumiciattolo, non tenta però di ucciderla o di fermarla, rimane a guardarla stranito domandandosi perchè un tal demonio si trovava proprio lì, accanto a lui. Le risposte Artù, realmente, non le avrà mai. Poco dopo incontrerà Re Pellinore che vaga da sempre in cerca della Bestia e che la descrive come un male da estirpare ma nulla di più. Artù non incontrerà mai più quello che è il simbolo del suo peccato se non in un’altra forma ossia la forma umana del figlio Mordred. Invece i suoi cavalieri, in particolare Re Pellinore e Sir Palamede, sono strettamente collegati alla Bestia, non solo la cercano ma una volta uccisa la bestia, i loro peccati sembrano quasi dissolversi, come se la liberazione dalla vita di questa deformità possa dare una qualche pace; rispettivamente Pellinore e Palamede sono coinvolti esattamente come il re, in peccati carnali. Pellinore ha sempre avuto un debole per i piaceri della carne e i suoi numerosi figli lo dimostrano, tuttavia non riuscirà nell’impresa di uccidere la bestia, c’è anche da dire che la cerca ossessiva di Pellinore ,in molti scritti più antichi, sembra derivare dal suo sangue nobile e sacro ( legato da vicino alla famiglia custode del Santo Graal) e ciò farebbe della bestia una sua nemica naturale, per Sir Palamede invece, la cerca della Bestia, non è solo la dimostrazione di essere riuscito in un impresa grandiosa, ma quest’impresa lo farebbe finalmente notare agli occhi della regina Isotta la Bella, di cui è innamorato senza essere mai stato ricambiato, il suo è un sentimento impossibile quanto secondo lui, davanti ai suoi occhi è impossibile la presenza di Tristano accanto alla regina, peccando così oltre che di lussuria anche di invidia. La Bestia Latrante sembra perciò fortemente legata ai peccati della carne, piccoli o gravi che siano,ma il legame forte con l’incesto non stupisce quando Merlino rivela la natura e la triste storia della creatura.

Molto tempo addietro, una giovane dama s’innamorò perdutamente di suo fratello, un amore perverso, ossessivo e ovviamente proibito, non potendo giacere naturalmente con il fratello chiese aiuto ad un demonio, le arti oscure forse avrebbero permesso questo amore sconsiderato. In realtà il diavolo ingannò la giovane, giacque con lei e successivamente fece si che la ragazza accusasse il fratello di averla stuprata. Il padre di entrambi i giovani, addolorato ma profondamente disgustato e sconcertato diede ascolto alla disperazione di sua figlia e condannò a morte il figlio. Quella del principe fu una morte atroce, suo padre lo fece sbranare vivo dai più di una decina di cani affamati. La damigella rendendosi conto dell’inganno del demonio che si era preso gioco del suo amore perverso e successivamente della perdita del fratello per colpa sua, voleva togliersi la vita ma ciò non poteva avvenire se non dopo la beffa finale. Partorì il frutto della macabra unione avvenuta col demone, un abominio della natura, proprio il Glatisant. La giovane, ovviamente, morì poco dopo la nascita della bestia. Questo essere, espulso ed escluso da ogni possibilità di crescere in mezzo agli uomini, perseguita in modo onnipresente i peccatori, senza una vera coscienza propria e senza una ragione, pagando con la sua esistenza raccapricciante i peccati di sua madre e ricordando con i latrati dei cani provenienti dal suo interno, l’orribile morte del padre. Non in tutti i romanzi però il Glatisant è una bestia priva di emozioni, nel romanzo di T.H.White, “The Once and the Future King” , in una versione molto tragicomica (come l’intera opera) della ricerca della bestia da parte di Sir Pellinore, il Glatisant s’innamora perdutamente di Sir Palamede e il motivo ,in questo romanzo, per cui Palamede è ossessionato dall’uccisione del Glatisant è proprio per evitare quello che noi oggi definiremo simpaticamente una “persecuzione amorosa” da parte della bestia.
Se la Bestia Latrante è il più famoso “mostro” arturiano legato al peccato e soprattutto al peccato commesso da Artù, non si può non dire che anche altri “abomini della natura” fungano da nemici naturali dei cavalieri, ad esempio vi è una costante presenza di cavalieri giganti nelle varie versioni della storia, l’esempio più famoso riguarda il Cavaliere Verde, spesso la stazza del nemico da combattere o da uccidere in quel momento viene descritta in modi esagerati, non solo perché i cavalieri giganti rappresentano un ostacolo fisico notevole e quindi, di contrappeso, una forza maggiore dell’eroe che li vince, ma rappresentano anche tramite il loro aspetto deformato le colpe che devono espiare, troviamo cavalieri giganti assassini, stupratori, malati di potere o che aspettano la sconfitta perché maledetti da qualche fata o demone, maledetti però sempre per un qualcosa che hanno commesso. Ancora una volta perciò la deformità fisica diventa la deformità dell’animo.
Una bestia che invece nell’immaginario fantasy-medievale non manca mai, rappresentando, ad eccezione dei romanzi moderni, talvolta l’oscuro o il demonio, è il drago, ma a differenza di come viene trattata in molte opere dello stesso periodo, nel ciclo arturiano, pur rappresentando qualcosa di oscuro, questa creatura viene stranamente descritta ( forse per le radici celtiche della leggenda) con un certo alone di nobiltà, di rispetto e sopratutto viene usata in passaggi fondamentali della storia e fortemente simbolici. Ad esempio all’inizio durante la prima profezia di Merlino, che consisteva proprio nell’apparizione di due draghi di colore diverso; oppure successivamente per possibilitare la nascita di quello che è il più santo fra i cavalieri della Tavola Rotonda, Sir Galahad, colui che riuscirà nell’impresa della cerca del Santo Graal. Nel libro di Malory ,in particolare questo argomento, viene trattato con molto approfondimento, difatti se Sir Lancillotto non avesse mai salvato la bellissima Elena di Corbenic (già legata alla santità del Graal tramite il suo legame di parentela con Pelleas, essendone la figlia), dalla maledizione che la teneva costretta in questa torre, dentro una vasca bollente e sorvegliata da un drago, costei non si sarebbe mai innamorata perdutamente del cavaliere. Dopo aver ucciso il drago e salvato la fanciulla, Elena fra le braccia di Lancillotto si innamora puramente del cavaliere, portando avanti per un bel periodo quello quello che (anche in questo caso come per la triste storia del Glatisant), si sarebbe rivelato un amore non ricambiato e profondamente doloroso. Elena infatti non trova pace poiché Lancillotto ama solo la regina Ginevra, quando una notte giace con lui ingannandolo, tramutandosi con un incantesimo nella regina Ginevra facendo così cedere sicuramente il cavaliere e, concependo Galahad; Lancillotto risvegliandosi e vedendo accanto a sè una dama diversa da Ginevra è affranto per essere venuto meno, con tale inganno al giuramento di fedeltà fatto alla regina. Profondamente arrabbiato prende a odiare Elena e a non volerla mai più rivedere, nonostante poi la perdoni dopo molto tempo, la damigella compierà lo stesso un atto estremo di morte, suicidandosi per questo amore non ricambiato.
Come già detto anche in questo caso una bestia, addirittura così nobile come il drago, viene associata non solo a qualcosa di demoniaco ma di profondamente legato alla morte e alla disperazione.
Eppure quando Sir Palamede dopo aver ritrovato la serenità interiore, ripulendosi dai suoi peccati, alza la spada sopra il collo del Glatisant, una leggera tristezza pervade il lettore, esattamente come avviene quando Mordred alza la sua spada sopra la testa di Artù, prima di sferrare un doloroso fendente. Sarà perchè conoscendo la storia della bestia ci sentiamo tutti peccatori allo stesso modo o forse perchè sappiamo bene che degli avvenimenti così folli, così pericolosi e colmi di sofferenze si potrebbero benissimo evitare se solo le persone fossero state diverse prima di arrivare ad un punto estremo delle proprie vite. Ma quando la spada tocca con violenza la pelle, tagliandola e lasciando sul terreno solo una lunga scia di sangue, dopo la morte del mostro, non ci pensiamo più; improvvisamente, per lettori e cavalieri diventa migliore pensare che i mostri sono semplicemente mostri, senza cuore, senza un’anima, solo dei frutti di un peccato originale che non si perdona e a cui non si può sfuggire. Effettivamente anche quando avviene in quella che è una storia senza tempo, l’ultimo e terribile atto finale di un rapporto tra un padre e un figlio che non sono mai riusciti ad accettarsi per anni e, che non sono mai riusciti a perdonare il prossimo e se stessi per quello che sono, ci viene davvero da dire che tutto ciò è un enorme peccato.

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One thought on “Storia di Re Artù e dei suoi Cavalieri – Parte Sette

  1. Commento solo ora, nonostante abbia letto l’articolo da subito!
    Forse è uno degli argomenti affrontati di meno riguardo alla saga, ma ad esempio la Bestia Latrante è ricorrente nei libri di Malory e spesso e volentieri disturba la ricerca dei cavalieri.
    Bellissimo articolo Isolde, come sempre!

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